Tensin Gyatso (S.S. Dalai Lama)
Buddismo Tibetano o Mahayana
da un intervista con il lama tibetano Geshe
Gedun Tarchin
a cura di Antonella Gaeta
Cosa s'intende per pratica Mahayana?
Soprattutto un'attitudine mentale che comporta il prendersi
la responsabilità del benessere di tutti quanti gli
esseri. Un modo di praticare, di condurre la vita, non un
abito ma un atteggiamento. Il termine indica uno stile di
vita non una particolare scuola o filosofia, non si riferisce
a persone o nazioni Mahayana. Per questo è possibile
che moltissime persone non buddiste abbiano un'attitudine
Mahayana. Quando guidi e c'è molto traffico il praticante
dà la precedenza agli altri senza schiacciare l'acceleratore
e cercare di arrivare per primo. La stessa cosa ad esempio
ad un bar. Gentilezza, sempre.
Mahayana è anche un forma di meditazione. In controtendenza
rispetto ai ritmi contemporanei.
Meditare non significa andare in un luogo preciso, fermarsi
e stare in silenzio. Basta avere introspezione e capacità
di controllare quello che sta avvenendo all'interno della
nostra mente. Si medita anche in questo istante, mentre
noi stiamo parlando. Non è necessario separarsi dal
mondo.
Ven.
Geshe Gedun Tarchin
Nel Mahayana il Grande Veicolo
Dal punto di vista buddhista la cosa più significativa
che possiamo tirare fuori dalla nostra vita umana è
l'altruismo.
Sicuramente ci sono tanti altri significati, tante altre
cose che hanno un senso nella vita umana, ma quella che
ha il valore più alto è l'attitudine altruistica:
la mente altruistica, i pensieri altruistici, l'azione altruistica.
L'argomento di oggi ha come tema "Entrare nel Mahayana".
Dal punto di vista letterale Mahayana è composto
da Maha che vuoi dire grande e Yana che vuoi dire risveglio,
quindi Mahayana vuol significare il grande risveglio.
È come un jumbo jet; ci sono aerei che possono portare
soltanto dieci persone, altri che ne possono portare cinquanta,
mentre il jumbo ne può portare anche duecentocinquanta.
Il Mahayana è appunto come un jumbo jet, è
come un veicolo che può portare molte persone da
un posto di partenza fino a dove si desidera arrivare.
Entrare nel Mahayana vuol dire anche assumersi la responsabilità
di portare questa enorme moltitudine di persone da una condizione
di disagio ad una condizione più piacevole. Non è
una cosa così semplice, anzi è un compito
abbastanza pesante da affrontare perché entrare nel
Mahayana vuoi dire accollarsi la responsabilità di
tutti gli esseri senzienti. Per questa ragione il Mahayana
viene chiamato il Grande Veicolo.
Non è il nome di un libro, di una scuola, di un
ordine, ma è piuttosto quello stato mentale che ci
porta a prenderci la responsabilità di tutti gli
esseri senzienti. Viene chiamato "grande" perché
ha un grande obiettivo: soddisfare tutti gli esseri senzienti.
Ci sono moltissime qualità, moltissimi argomenti
che sono contenuti nella grandezza del Mahayana. Queste
cose non sono solo un oggetto di visualizzazione per la
meditazione, ma sono parte di una azione pratica. Perché
noi soffriamo, patiamo l'angoscia, siamo afflitti da molto
stress, e la causa di tutto questo è che abbiamo
una debole coscienza di noi stessi.
La causa di ciò risiede in quello che in termini
tecnici viene chiamata chiusura mentale o "mente ristretta".
E' come se noi fossimo chiusi in una stanza molto piccola,
senza porte e senza finestre, e non ci fosse alcuna possibilità
di far entrare o uscire aria ed altre persone o di avere
qualunque tipo di contatto con il mondo esterno. Tutto ciò
ci causa molti problemi: noi entriamo in questo spazio ristretto
perché ci fa sentire al sicuro, ma in seguito ci
crea molti problemi. Quindi bisogna allargare questo spazio,
bisogna aprire delle porte e delle finestre per far entrare
l'aria e per metterci in contatto con le altre persone.
Questo è quello di cui abbiamo veramente bisogno
e solo così potremo respirare meglio. Per tale motivo
questo stato mentale viene chiamato "Il grande veicolo".
Ho scelto questo tipo di metafora per spiegare come noi
di solito abbiamo questa mentalità, questo tipo di
chiusura, mentre al contrario abbiamo bisogno di essere
aperti, di aprirci al mondo. Questo tipo di attitudine è
la quintessenza del pensiero e del sentiero del Buddha,
quella che ci porterà verso la liberazione finale.
Aprirsi a tutti gli esseri senzienti, prendersi la responsabilità
di tutti gli esseri senzienti, questo è quello che
noi chiamiamo la mente dell'illuminazione ed è quello
che in sanscrito viene chiamato la “Bodhicitta”,
dove "Bodhi" significa illuminazione e "cìtta"
significa mente. Quando noi siamo devoti all'immagine del
Buddha o del Bodhisattva, non vuol dire che noi siamo devoti
a quella figura dipinta del Buddha o del Bodhisattva, ma
significa piuttosto che noi siamo devoti a quel tipo attitudine
altruistica.
Nei testi Mahayana è scritto che è difficile
distinguere chi ha questo tipo di attitudine mentale e chi
non ce l'ha, ed è per questo che ogni essere umano
ed ogni essere vivente è oggetto di devozione e di
rispetto. Da questo atteggiamento mentale si creano le basi
per fondare la propria Bodhicitta, la propria mente altruistica,
e una delle caratteristiche peculiari della Bodhicitta è
che noi diamo rispetto e devozione a tutti gli esseri viventi.
La responsabilità nei confronti degli esseri viventi
non è quella disposizione mentale per cui guardiamo
gli altri dall'alto in basso, ma è l'attitudine con
la quale ci poniamo di fronte al nostro maestro, ai nostri
genitori, agli anziani. Ed è per questo che nella
pratica di Bodhicitta si recita il verso "Possa io
essere il servo di tutti gli esseri viventi".
Quindi i Bodhisattva, coloro che possiedono la Bodhicitta,
sono quegli individui che si considerano in basso e mettono
tutti gli altri ad un livello superiore. Io penso che se
noi cerchiamo, se osserviamo bene, anche nella nostra società
attuale si possono trovare dei Bodhisattva.
Questa non è una figura soltanto ideale, ma è
anche una cosa pratica. Le istituzioni religiose oggi sono
molto diverse da come erano all'origine, e chiaramente se
noi guardiamo un'alta autorità di qualsiasi religione
- cristiana, islamica, buddhista - noi pensiamo che questa
autorità debba avere delle qualità speciali,
ma spesso non è così. Costoro hanno dei troni,
delle macchine e dei veicoli speciali, mentre invece sono
i Bodhisattva, coloro che hanno la mente altruistica, che
dovrebbero essere considerati le persone di più alto
livello, quelli a cui bisogna fare riferimento. In verità
le persone religiose dovrebbero essere coloro che si considerano
i servi di tutti gli altri e che mettono tutti gli altri
ad un livello superiore a loro stessi. Qualche volta il
Papa, quando va a visitare qualche terra straniera, quando
scende dall'aereo bacia per terra. Penso che questo sia
molto bello, perché mettersi per terra è una
tradizione molto antica. Stiamo parlando di entrare nel
Mahayana e il Mahayana non è una specie di stato
speciale, un ordine. Non è che noi entrando nel Mahayana
ci mettiamo un adesivo, un'etichetta con su scritto: "Sono
Mahayana". Al contrario il Mahayana è un'attitudine
mentale molto speciale. Nei testi classici, quando si parla
della Bodhicitta, la mente dell'illuminazione, essa viene
definita come lo stato mentale di colui che vuole raggiungere
l'illuminazione per poter servire tutti gli esseri senzienti.
Quindi possiamo dire che la Bodhicitta è la combinazione
di due differenti attitudini mentali. L'attitudine causativa
della Bodhicitta è quella di colui che vuole servire
tutti gli esseri viventi, quindi rimanere sul piano terreno
è la prima attitudine mentale. Rimanere sulla terra
vuol dire assumere la posizione più bassa e diventare
il servitore di tutti gli altri. Come si può servire
tutta questa enorme moltitudine di esseri viventi? Chiaramente
al momento in cui siamo è impossibile. Possiamo fare
l'esempio di un bambino che vede sua madre che è
caduta dentro un pozzo. In quel momento chiaramente il suo
desiderio è quello di aiutarla in tutti i modi, ma
per lui è impossibile. Questa è quindi la
forza causativa della Bodhicitta, della mente altruistica;
perché tutti gli esseri senzienti, compresi noi,
hanno qualche tipo di problema, siamo esseri deboli. Stiamo
tutti soffrendo nel Samsara. Tutti noi siamo deboli e impossibilitati
ad aiutare tutti gli altri anche le persone ci sono care
come nostra madre.
L'unica maniera per poter aiutare tutti gli altri è
ottenere l'Illuminazione, perché l'Illuminazione
è l'unica possibilità per poter ottenere il
potere di aiutare tutti gli esseri senzienti.
Questo tipo di Mente così aperta è chiamata
"il Grande Veicolo". E se noi entriamo in possesso
di questo tipo di mentalità ci liberiamo dei problemi,
perché se noi consideriamo la massa enorme di problemi
che affliggono tutti gli esseri viventi, ci rendiamo conto
che il nostro problema non è niente in confronto
ad essi. Questo è il segreto del Bodhicitta.
Noi normalmente non guardiamo i problemi degli altri, guardiamo
solo i nostri e li consideriamo enormi; ma se noi guardassimo
i problemi degli altri esseri, il nostro piccolo problema
diventerebbe insignificante; questa è la mente di
Bodhicitta.
Sviluppare questa mente, questa attitudine mentale, ci
porta in un certo senso anche dei vantaggi: non è
facile, ma anche soltanto imparare questa cosa è
il primo passo. Anche solo generare ammirazione verso questo
tipo di attitudine mentale, dire che è meraviglioso
che esista questo tipo di attitudine mentale. La Bodhicitta,
questo è il primo passo e anche questo aiuta. Normalmente
noi ignoriamo questa attitudine. E soltanto conoscere questa
cosa ci dà una grande speranza, un grande coraggio,
distrugge la grande ignoranza e ci dà un'immensa
luce.
Articolo pubblicato all'interno della rivista "Dharma"
a cura del Ven. Ghesce
Gedun Tharchin
Geshe
Gedun Tarcin, dopo i classici studi della tradizione
ghelugpa, ha frequentato le università pontificie
approfondendo la sua conoscenza del pensiero occidentale.
Segue il gruppo Lam Rim a Roma e dà insegnamenti
in diversi centri in Italia e all'estero.